martedì 17 giugno 2008

L'invenzione della morte

L'arcano senza nomeUna caratteristica osservabile della mente umana è l’abitudine a scattare fotografie, per poi utilizzarle come materiale di lavoro.
Le esperienze e i fenomeni con cui entriamo in contatto vengono (a) catturati in una sequenza di pose, (b) catalogati e incasellati, o come si dice nell’era del Web2.0, ‘taggati’, (c) manipolati per estrarre strategie comportamentali, proiezioni sul futuro, etc.
Questo è il modo in cui – in larga parte – conosciamo la realtà, ed è anche lo strumento che ci permette di interagire operativamente con il mondo.
Tuttavia accade che gli esseri umani si convincano che questo utile schema interpretativo sia la realtà. Un insieme di cose solide, di natura permanente e immutabile. E una collezione di fotografie, vissute o immaginate, che chiamiamo passato e futuro.

Ed ecco il Grande Inganno, anche noto come il velo di Maya, l’Illusione.

La più rilevante conseguenza di tutto questo è l’invenzione della morte.
Nel continuo fluire della manifestazione percepibile, chi può dire dove è l’inizio e dove la fine? Queste parole assumono un senso solo in relazione ad una categoria mentale con cui identifichiamo un fenomeno. Nel continuo dispiegarsi della realtà, qualcosa entra nel campo di un’etichetta e quindi nasce, ne esce e quindi muore. Ma in realtà questo qualcosa non ha una sua solidità, non si crea e non si distrugge. L’unica cosa che succede è che l’affermazione “x appartiene a E” (dove x è il fenomeno, ed E l’etichetta) cambia valore di verità. Ma siccome la nostra mente non coglie x nel suo mutare, ma soltanto E, essa dice invece “E esiste”. Ed è l’esistenza di E che diventa vera (inizio) o falsa (fine).

Mi rendo conto che tutto questo può apparire un’astratta visione filosofica e dire che E non è morto, ma è solo x che ha smesso di essere E ed è diventato magari K, non ci consola dalla perdita di E. Ma il punto qui è se sia possibile non tanto convincersi di un modo diverso di guardare alle cose, quanto piuttosto rallentare la funzione di etichettatura compulsiva della nostra mente per lasciare il posto ad una percezione più diretta del manifesto, che lo colga nel suo fluire senza limitarsi a ragionarvi sopra.
La nostra mente vorrebbe possedere gli oggetti che le appaiono, fermarli per sempre. Ma questo sì che corrisponderebbe ad uccidere la realtà, che è viva grazie appunto al suo costante movimento. Non possiamo perdere E perché non l’abbiamo mai avuto. Quello che “abbiamo” è il nostro essere qui ed ora – ma siamo troppo presi ad interpretare e catalogare per vivere nel momento, che sfugge a qualunque tentativo di cattura.

Shinzen Young, insegnante di meditazione Vipassana, scrive a riguardo:

The impermanent nature of things can be looked upon from a pessimistic point of view or an optimistic point of view. Pessimistically, everything passes, so to pin your happiness on any person, object, or situation is to set yourself up to suffer sooner or later. […] Optimistically, impermanence is movement, and (as Newton pointed out) movement reflects an underlying force. By focusing on instantaneous rates of change in ordinary sensory experiences, we can come into direct contact with the underlying Force that molds them… Spirit.

Essere consapevole, momento per momento, del dispiegarsi impermanente e giocoso della realtà è l’unica cosa che mi fa sentire realmente viva e felice di esserlo – anche se purtroppo non sempre vi riesco. Il profumo del cambiamento mi emoziona piuttosto che spaventarmi, e so di essere a volte anche drastica nell’assecondare questa mia natura nomadica. Come uno straniero, non sento legami di sentimento… :)
Coltivo la speranza di riuscire a far percepire anche a chi mi è accanto la gioia e la magia e la curiosità che c’è nell’aprire la scatola dei giochi e trovarci sempre dentro qualcosa di diverso.
A volte so di esserci riuscita – c’è però anche chi si spaventa davanti al rischio di desiderare il cambiamento.
Il mio alter-ego, l’Arcano senza Nome, fa davvero paura? Non riesco a crederci, eppure…

Gift or curse I still wonder,
but my nature in movement lies.
I’m an acrobat on ever-changing ropes,
and talented at breaking ties.

I’m no good at snapshots,
freezing instants a killer of divine breath.
And past, well, it’s past and gone,
while future still isn’t born.

You’ve been walking alongside
and maybe you indeed met me.
I saw in your eyes possibilities flourishing,
but I also had to watch you flee

And I won’t try to stop you:
I can’t help but love the dance that takes you away.
Love your undirected energy
and the secret tunes you play.

1 commento:

Anonimo ha detto...

pero'!